Abbiamo sottoposto a due studentesse le
seguenti domande:
2) quanti anni hai?
3) Cosa studi?
4) Cosa sogni?
5)Cosa
cerchi realmente?
6) Pensi che l'università sia uno strumento capace di
costruire solo il futuro o anche il presente?
Ecco
le loro risposte.
Mi chiamo
Alessia, ho quasi 25 anni, e frequento il secondo anno della specialistica in
Biologia Sanitaria Molecolare e della Nutrizione. Ho deciso di iscrivermi
all'università perché i miei genitori pensavano che laureandomi potessi ambire
ad avere un buon futuro. Crescendo ho capito che studiare la biologia mi ha
aperto un mondo infinito di possibilità di capire tutti i meccanismi che
regolano la vita di ogni individuo, e questo mi affascina moltissimo.
Ammetto di
essere una gran sognatrice. Mi affascina la ricerca scientifica, la possibilità
di studiare tutti i processi biologici che stanno alla base del meraviglioso
funzionamento dell'organismo umano, e di conseguenza la possibilità di trovare
vie alternative a quei meccanismi, che a causa di mutazioni o altre patologie,
rompono il perfetto ingranaggio, quindi trovarne la 'cura'. Si tratta di sogni
che possono essere realizzati, basta porsi le giuste domande, avere ampie conoscenze
e tanta pazienza per provare e riprovare, perché, a parer mio, la
caratteristica più interessante della scienza è che a tutto si può trovare una
spiegazione.
È banale
cercare un posto di lavoro sicuro che soddisfi tutte le mie aspirazioni?
Penso di no;
piuttosto è realista il pensiero di ambire ad uno stipendio fisso per vivere
bene. Sfortunatamente il lavoro di ricercatore scientifico non offre nessuna
sicurezza economica, perlomeno in Italia. Ed è triste e scoraggiante sapere che
tante persone competenti e preparate sono costrette a lasciare il loro Paese
per raggiungere il sogno di lavorare per la scienza.
L'università
offre una vasta gamma di strumenti da sfruttare per crescere e maturare in ogni
ambito. Ti forma a livello culturale e personale, ti mette in discussione, ti
offre soddisfazioni: il vero lavoro di costruzione della propria vita è
deputato ad ogni singolo studente universitario e al modo in cui riesce a
prendere il meglio da quest'esperienza.
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Mi chiamo Eleonora, ho 20 anni e mezzo, e studio lettere moderne…! Perché studio l’ho capito dopo un bel
po’ che riscaldavo i banchi, a metà del liceo classico: per l’uomo; per
comprendere chi è l’uomo, come agisce e come reagisce a ciò che gli viene
incontro nella vita, che cosa hanno pensato e fatto gli uomini passati in
questa vita prima di me; per scoprire che cosa lega gli uomini di ogni tempo,
che cosa può cambiare e che cosa rimane immutabile in essi.
Come ogni ventenne che si rispetti, sogno di cambiare
il mondo dando il mio contributo originale; sogno di poter corrispondere
davvero al sogno di Chi mi ha donato la vita; sogno di diventare donna. Perciò
sono alla ricerca di chi è veramente Eleonora, della mia strada, di ciò per cui
sono stata chiamata in questo mondo.
L’università in potenza sarebbe uno strumento efficace
per costruire il proprio futuro, ma attualmente, per quello che vedo, è un
parcheggio, un ambiente un po’ ristretto e sterile.
La mia breve esperienza universitaria è stata
positiva, perché, dopo le difficoltà del liceo, ho incontrato fra i miei
compagni di corso ragazzi davvero in gamba con cui poter condividere molto. E’
stato un momento di crescita: ho dovuto affrontare la paura di lasciare casa e
imparare ad arrangiarmi, cosa che mi ha responsabilizzata molto. Tuttavia, mi
sembra che l’ambiente universitario non valorizzi lo studente in quanto persona
che nutre dei sogni e ha degli ideali; sì, magari ci sono delle proposte in più
che vanno oltre momenti di lezione, però sono sempre limitate a un’impostazione
accademica un po’ chiusa. I professori ti chiedono perché hai scelto questa
facoltà e questa città in particolare, ma io non ho mai percepito che uno di
loro fosse seriamente interessato ai miei sogni e alle mie domande. I veri
momenti di scambio, in cui si partiva magari da ciò che c’è sui libri per
incarnarlo nella propria vita e nei propri pensieri, li ho vissuti solo con
altri ragazzi, senza la guida o la mediazione di un insegnante. E questa è una
mancanza che fa la differenza.
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