martedì 26 novembre 2013

Vita Bella. Uno sguardo capace di Bellezza.

Giovedì 14 Novembre si è svolto il primo di sei incontri, dedicati al percorso tematico di questo anno del gruppo FUCI di Urbino: “una vita in… 3B: Bella Buona Beata”. Ascoltare, meditare e accogliere: questo è ciò che i fucini hanno sperimentato e continueranno a sperimentare negli appuntamenti del secondo giovedì di ogni mese. Ascoltare parole piene di vita, guidati dalla luce del Vangelo; meditare quanto ascoltato, sperimentando nella condivisione la gioia di camminare insieme; accogliere l’esperienza fatta come proposta di vita quotidiana. Il prof. Marco Cangiotti, Coordinatore della Scuola di Scienze Politiche, ha introdotto i tanti giovani presenti al primo incontro della tappa dedicata alla Vita Bella, dando un’inquadratura esistenziale del tema, e accompagnandoli a riconoscere nella propria esperienza il vero volto della Bellezza. “Che Cos’è per te la Bellezza?”: partendo da questa domanda ciascuno ha sperimentato l’evoluzione della propria risposta, attraverso il percorso, ricco di stimoli e spunti di riflessione, in cui il prof. Cangiotti lo ha condotto. La Bellezza, non si identifica come esperienza esclusiva del mondo della sensibilità, legata all’astratto sentimentalismo, ma piuttosto come un richiamo per la ragione ad aprirsi alla conoscenza. Oltre alla conoscenza che parla della realtà e a cui siamo istruiti, esiste un altro tipo di conoscenza, che passa attraverso l’esperienza e implica un contatto con la realtà: a questo tipo di conoscenza la Bellezza ci introduce colpendoci, per diventare, poi, lo strumento che apre gli occhi dell’uomo alla verità della realtà. Come si fa ad incontrare la Bellezza? Una vera provocazione a cui il prof. Cangiotti non ha fatto mancare risposta: “occorre la capacità di vedere, occorre essere capaci di uno sguardo”. È proprio lo sguardo ciò che permette di oltrepassare i confini tra soggetto e oggetto: il vivere diventa, quindi, un intreccio tra noi e la realtà che ci circonda. Questa è la dinamicità del fare esperienza della Bellezza: un movimento reciproco del soggetto che incontra e dell’oggetto che si avvicina lasciandosi incontrare, un’apertura sulla realtà che conduce alla vera conoscenza. Eppure, la Bellezza, non solo illumina, ma anche nasconde, e qui sta il suo vero miracolo: nel frammento limitato di realtà che lascia trasparire la Bellezza c’è il Tutto, un continuo rimando all’infinito. Si scopre, che oltre quello che si può fruire c’è qualcosa di ulteriore, che si può chiamare Mistero: una sorta di “liturgia del cosmo” che brilla della luce di Colui che l’ha creata. Eppure la bellezza del creato non basta al “lato oscuro del cuore dell’uomo”, perché tante sono le dissonanze che quotidianamente l’uomo sperimenta, a causa della costante presenza del Male che nasconde con un velo la Bellezza. “Dio è consapevole di queste contraddizioni”, dice il prof. Cangiotti, “e per questo ha prodotto una sovrabbondanza di rivelazioni di Bellezza, in ultimo il viaggio del Figlio attraverso la terra”. È proprio il linguaggio della croce che ha fatto assumere all’esperienza del bello un nuovo realismo che include l’accettazione del dolore. Un volto sfigurato è quello di Gesù: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto” (Is 53, 2), ma attraverso di esso appare l’estrema Bellezza, quella dell’Amore. La Bellezza, in ultima istanza dunque, si manifesta come l’estremo Amore di Dio che non termina nella croce: la resurrezione è il luogo della bellezza non più corruttibile, che riporta ordine e pace là dove sembra trionfare il caos. Il primo incontro si è concluso dando alla Bellezza il volto concreto della Verità, e lasciando ai giovani presenti il desiderio e la grande sfida di andare a fondo nel cammino intrapreso e di portare nella propria vita l’esperienza fatta.

giovedì 21 novembre 2013

Iniziato l’anno della FUCI: una vita in 3B

Una vita in 3B! Un simpatico gioco di parole, una battuta di spirito…o qualcosa di più?
E’ quello a cui si è cercato di rispondere giovedì sette novembre all’incontro inaugurale del nuovo anno della F.U.C.I., svoltosi nella sede della Federazione, in piazza Rinascimento, in una sala letteralmente riempita da giovani universitari.
A guidare la serata, oltre all’assistente ecclesiastico, don Daniele Brivio, e al collaboratore ecclesiastico, padre Andrea Cannuccia, anche i due nuovi presidenti della F.U.C.I. di Urbino, Federica Tarsi e Andrea Colucci.
Una vita Bella, Buona e Beata: queste le tre parole che saranno da guida e da riferimento per il cammino fucino che si è appena aperto. Il logo rappresenta gli occhiali che si usano al cinema per vedere i film in 3D; potrebbe anche essere un invito a cambiare lenti sulla vita, usando come lenti queste tre parole: bella, buona e beata. Tre parole suggerite da fratel Enzo Bianchi, che sono state recepite e trasformate in un interrogativo a cui cercare di dare risposta, attraverso un percorso articolato in tre diversi periodi in cui considerare singolarmente questi tre impegnativi aggettivi.
Che siano aggettivi impegnativi, è quanto ha ricordato anche il nostro vescovo mons. Giovanni Tani, presenza di famiglia alla F.U.C.I., come testimonia il clima familiare con cui è stato accolto e la semplicità con cui ha partecipato tutto l’incontro. Sua Eccellenza ha sottolineato come oggi aggettivi come bello e buono siano quasi fuori moda, a volte imbarazzanti; e ha anche ricordato come san Tommaso identifichi ciò che è beato con ciò che è vero.
Il cammino proposto si articola in quattro giovedì al mese (4G) durante i quali vivere diverse esperienze: la celebrazione eucaristica con adorazione ed evangelizzazione di strada, gli incontri di carattere teologico-esistenziale, il cineforum e gli incontri su tematiche politico-sociali di attualità. Inoltre, ci sono gli appuntamenti annuali: dai due ritiri di Avvento e Quaresima alla settimana di convivenza.
Tutti modi per sperimentare la bellezza dello stare assieme, la bellezza dell’amicizia e di essere cristiani e studenti che camminano insieme. La F.U.C.I., infatti, come è stato più volte ricordato nel corso della serata, è Università nella Chiesa e Chiesa nell’Università: portare la propria esperienza di giovani e di studenti all’interno della vita da cristiani, ma allo stesso tempo, testimoniare la propria fede nella vita quotidiana di giovani e di studenti universitari.
Una serata intensa, quindi, animata da una bellissima atmosfera di entusiasmo e anche un po’ del “primo giorno di scuola”. E questo entusiasmo si è concretizzato nell’attenzione attenta e nella partecipazione di tutti i presenti, e nella festa che è seguita all’incontro. Infatti l’equipe culinaria della F.U.C.I. ha fornito un piccolo assaggio (in tutti i sensi!) della sua abilità, e poi la musica ha degnamente dato seguito a una serata che è stata sicuramente in 3B.
Arianna Seminara

VI Settimana dell’Università 18 – 24 novembre 2013 - “Internazionalizzazione degli studi, universalità del sapere”

In occasione della “VI Settimana dell’Università” il gruppo F.U.C.I. di Urbino ha organizzato l’evento “FuCinema” con la proiezione del film “Il figlio dell’altra” di Lorraine Lévy, tenuto presso il Cinema Teatro Ducale di Urbino, mercoledì 20 alle ore 21.00 seguito da dibattito e buffet.

Il film si svolge in un luogo simbolo dell’incontro tra culture, la Palestina: durante la visita per il servizio di leva nell'esercito israeliano, Joseph scopre di non essere il figlio biologico dei suoi genitori, poiché appena nato è stato scambiato per errore con Yacine, palestinese dei territori occupati della Cisgiordania. La rivelazione getta lo scompiglio tra le due famiglie, costringendo ognuno a interrogarsi sulle rispettive identità e convinzioni, nonché sul senso dell'ostilità che continua a dividere i due popoli.

“Il figlio dell'altra” è un film di soglie e di confini, che riflette sulla stratificazione complessa dei rancori accumulati dalla Storia.
Il tema dell’integrazione tra popoli e culture diverse oggigiorno è assolutamente di prim’ordine e crediamo che proprio questo intreccio di relazioni sia alla base di uno sviluppo culturale nuovo che, stimolato da una ricchezza multietnica, favorirà il vero cammino per un umanesimo integrale.
È necessario ripartire da ciò che accomuna l’Uomo, cioè la sua humanitas per superare non solo ogni barriera ideologica ma anche la settorializzazione e parcellizzazione dei Saperi che impediscono una lucida analisi della realtà, della Storia e dell’Uomo.

L’Università è e deve lottare per rimanere luogo privilegiato di incontro/scontro relazionale, di dialogo e dibattito, di internazionalizzazione degli studi, di fermento politico-sociale, in cui desideri e futuro possono continuare a coincidere e in cui l’ “Universalità del Sapere” si ponga a fondamento di ogni vero sviluppo culturale volto al vero progresso dell’umanità.

F.U.C.I. Urbino “Pier Giorgio Frassati”
Equipe Cineforum

domenica 30 giugno 2013

Settimane Teologiche Camaldoli


Qui riportati trovate i link relativi alle due Settimane Teologiche a Camaldoli.

I° Settimana «Le Beatitudini. La felicità cristiana»  28 luglio - 3 agosto Enzo Bianchi - Adriano Fabris
II° Settimana «Qoelet: la domanda di senso»  4 - 10 agosto Roberto Vignolo - Umberto Curi

Per maggiori info consultate www.fuci.net

giovedì 20 giugno 2013

Benvenuta Squadra Gioiosa!!! :D :D


"E’ proprio in questo ambito che la FUCI può esprimere appieno anche oggi il suo antico e sempre attuale carisma: e cioè la convinta testimonianza della "possibile amicizia" tra l’intelligenza e la fede, che comporta lo sforzo incessante di coniugare la maturazione nella fede con la crescita nello studio e l’acquisizione del sapere scientifico. In questo contesto acquista significativo valore l’espressione a voi cara: credere nello studio" (Papa Benedetto XVI alla Fuci)

Lo scorso sabato 15 giugno 2013 durante l'Assemblea Gioiosa finale del gruppo FUCI di Urbino, è stata votata ed eletta la nuova Squadra Gioiosa nelle figure dei Presidenti - Andrea Colucci e Federica Tarsi, Vice-presidente - Alberto Lazzari e Segretario - Maddalena Quaglia.
A nome del gruppo e delle varie equipe facciamo alla nuova Squadra un grande  in bocca al lupo per i prossimi due anni di lavoro e di servizio affinchè tutto questo sia di stimolo per la propria crescita personale e spirituale.
L'Equipe Redazione

Omelia di Papa Francesco ai Movimenti ecclesiali

Cari fratelli e sorelle,
in questo giorno noi contempliamo e riviviamo nella liturgia l’effusione dello Spirito Santo operata da Cristo risorto sulla sua Chiesa; un evento di grazia che ha riempito il cenacolo di Gerusalemme per espandersi nel mondo intero.
Ma che cosa avvenne in quel giorno così lontano da noi, eppure così vicino da raggiungere l’intimo del nostro cuore? San Luca ci offre la risposta nel brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato (2,1-11). L’evangelista ci riporta a Gerusalemme, al piano superiore della casa nella quale sono riuniti gli Apostoli. Il primo elemento che attira la nostra attenzione è il fragore che improvviso viene dal cielo, «quasi un vento che si abbatte impetuoso» e riempie la casa; poi le «lingue come di fuoco» che si dividevano e si posavano su ciascuno degli Apostoli. Fragore e lingue infuocate sono segni precisi e concreti che toccano gli Apostoli, non solo esteriormente, ma anche nel loro intimo: nella mente e nel cuore. La conseguenza è che «tutti furono colmati di Spirito Santo», il quale sprigiona il suo dinamismo irresistibile, con esiti sorprendenti: «Cominciarono a parlare in altre lingue nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi». Si apre allora davanti a noi un quadro del tutto inatteso: una grande folla si raduna ed è piena di meraviglia perché ciascuno sente parlare gli Apostoli nella propria lingua. Tutti fanno un’esperienza nuova, mai accaduta prima: «Li udiamo parlare nelle nostre lingue». E di che cosa parlano? «Delle grandi opere di Dio».
Alla luce di questo brano degli Atti, vorrei riflettere su tre parole legate all’azione dello Spirito: novità, armonia, missione.
1. La novità ci fa sempre un po’ di paura, perché ci sentiamo più sicuri se abbiamo tutto sotto controllo, se siamo noi a costruire, a programmare, a progettare la nostra vita secondo i nostri schemi, le nostre sicurezze, i nostri gusti. E questo avviene anche con Dio. Spesso lo seguiamo, lo accogliamo, ma fino ad un certo punto; ci è difficile abbandonarci a Lui con piena fiducia, lasciando che sia lo Spirito Santo l’anima, la guida della nostra vita, in tutte le scelte; abbiamo paura che Dio ci faccia percorrere strade nuove, ci faccia uscire dal nostro orizzonte spesso limitato, chiuso, egoista, per aprirci ai suoi orizzonti. Ma, in tutta la storia della salvezza, quando Dio si rivela porta novità - Dio porta sempre novità -, trasforma e chiede di fidarsi totalmente di Lui: Noè costruisce un’arca deriso da tutti e si salva; Abramo lascia la sua terra con in mano solo una promessa; Mosè affronta la potenza del faraone e guida il popolo verso la libertà; gli Apostoli, timorosi e chiusi nel cenacolo, escono con coraggio per annunciare il Vangelo. Non è la novità per la novità, la ricerca del nuovo per superare la noia, come avviene spesso nel nostro tempo. La novità che Dio porta nella nostra vita è ciò che veramente ci realizza, ciò che ci dona la vera gioia, la vera serenità, perché Dio ci ama e vuole solo il nostro bene. Domandiamoci oggi: siamo aperti alle “sorprese di Dio”? O ci chiudiamo, con paura, alla novità dello Spirito Santo? Siamo coraggiosi per andare per le nuove strade che la novità di Dio ci offre o ci difendiamo, chiusi in strutture caduche che hanno perso la capacità di accoglienza? Ci farà bene farci queste domande durante tutta la giornata.
2. Un secondo pensiero: lo Spirito Santo, apparentemente, sembra creare disordine nella Chiesa, perché porta la diversità dei carismi, dei doni; ma tutto questo invece, sotto la sua azione, è una grande ricchezza, perché lo Spirito Santo è lo Spirito di unità, che non significa uniformità, ma ricondurre il tutto all’armonia. Nella Chiesa l’armonia la fa lo Spirito Santo. Uno dei Padri della Chiesa ha un’espressione che mi piace tanto: lo Spirito Santo “ipse harmonia est”. Lui è proprio l’armonia. Solo Lui può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e, nello stesso tempo, operare l’unità. Anche qui, quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi, nei nostri esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità, l’omologazione. Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché Egli ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa. Il camminare insieme nella Chiesa, guidati dai Pastori, che hanno uno speciale carisma e ministero, è segno dell’azione dello Spirito Santo; l’ecclesialità è una caratteristica fondamentale per ogni cristiano, per ogni comunità, per ogni movimento. E’ la Chiesa che mi porta Cristo e mi porta a Cristo; i cammini paralleli sono tanto pericolosi! Quando ci si avventura andando oltre (proagon) la dottrina e la Comunità ecclesiale - dice l’Apostolo Giovanni nella sua Seconda Lettera - e non si rimane in esse, non si è uniti al Dio di Gesù Cristo (cfr 2Gv v. 9). Chiediamoci allora: sono aperto all’armonia dello Spirito Santo, superando ogni esclusivismo? Mi faccio guidare da Lui vivendo nella Chiesa e con la Chiesa?
3. L’ultimo punto. I teologi antichi dicevano: l’anima è una specie di barca a vela, lo Spirito Santo è il vento che soffia nella vela per farla andare avanti, gli impulsi e le spinte del vento sono i doni dello Spirito. Senza la sua spinta, senza la sua grazia, noi non andiamo avanti. Lo Spirito Santo ci fa entrare nel mistero del Dio vivente e ci salva dal pericolo di una Chiesa gnostica e di una Chiesa autoreferenziale, chiusa nel suo recinto; ci spinge ad aprire le porte per uscire, per annunciare e testimoniare la vita buona del Vangelo, per comunicare la gioia della fede, dell’incontro con Cristo. Lo Spirito Santo è l’anima della missione. Quanto avvenuto a Gerusalemme quasi duemila anni fa non è un fatto lontano da noi, è un fatto che ci raggiunge, che si fa esperienza viva in ciascuno di noi. La Pentecoste del cenacolo di Gerusalemme è l’inizio, un inizio che si prolunga. Lo Spirito Santo è il dono per eccellenza di Cristo risorto ai suoi Apostoli, ma Egli vuole che giunga a tutti. Gesù, come abbiamo ascoltato nel Vangelo, dice: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre» (Gv 14,16). E’ lo Spirito Paràclito, il «Consolatore», che dà il coraggio di percorrere le strade del mondo portando il Vangelo! Lo Spirito Santo ci fa vedere l’orizzonte e ci spinge fino alle periferie esistenziali per annunciare la vita di Gesù Cristo. Chiediamoci se abbiamo la tendenza di chiuderci in noi stessi, nel nostro gruppo, o se lasciamo che lo Spirito Santo ci apra alla missione. Ricordiamo oggi queste tre parole: novità, armonia, missione.
La liturgia di oggi è una grande preghiera che la Chiesa con Gesù eleva al Padre, perché rinnovi l’effusione dello Spirito Santo. Ciascuno di noi, ogni gruppo, ogni movimento, nell’armonia della Chiesa, si rivolga al Padre per chiedere questo dono. Anche oggi, come al suo nascere, insieme con Maria la Chiesa invoca: «Veni Sancte Spiritus! - Vieni, Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore!». Amen.

venerdì 31 maggio 2013

Una domenica storta

A cura di R. Di Nuzzo e A. Seminara


La domenica mattina dell’italiano medio è quasi sempre uguale, che l’italiano sia di Bergamo o di Marsala. Ma, sia per l’italiano di Bergamo che per quello di Marsala, il 28 aprile è stata una domenica storta. Entrambi hanno assistito alla doppia faccia che oggi il nostro Paese mostra in giacca e cravatta: da un lato quella ufficiale del Governo che giura a Palazzo Chigi, dall’altra quella meno ufficiale di Luigi Preiti che spara alle 11,30 in piazza Colonna, proprio davanti a Palazzo Chigi.
Secondo quanto scritto dai giornali, Luigi Preiti, nato a Rosarno (RC), ha trascorso parte della sua vita in Piemonte, ad Alessandria. È stato sposato e ha un figlio di dieci anni. Da due anni, in seguito al divorzio, si è ritrasferito in Calabria dove vive con i genitori, e da poco ha perso il lavoro. Tutto ciò ha certamente contribuito a spingerlo a commettere il suo gesto sconsiderato:  esplodere sei colpi di pistola contro il cordone formato dalle forze dell’ordine in servizio in piazza Colonna in occasione del giuramento del nuovo Governo. Due carabinieri sono rimasti feriti, di cui uno gravemente.
Nonostante la sua difficile situazione, il suo gesto è sicuramente da condannare. Tuttavia, questo stesso gesto può essere considerato l’esplosione violenta, e quindi deprecabile, di un disagio sempre più diffuso. Il disagio, per sua natura, porta inevitabilmente a un punto di rottura, un trauma , il quale può rendersi manifesto in differenti e talvolta soggettivi atti di più o meno ampia risonanza: nel caso di Preiti si è concretizzato nello sparare contro le forze dell’ordine in piazza Colonna, in altri, come quelli di molti imprenditori, è stato, invece, togliersi la vita.
Riflettendo sul concetto di disagio, è ora possibile comprenderne una duplice natura; se da un lato, infatti,  ha una connotazione negativa , dall’altro invece, potrebbe averne una  positiva. Se, negativamente, il disagio porta  ad un trauma, dall’altra, positivamente, potrebbe essere fonte di un profondo rinnovamento.
Ci sembra evidente che entrambi gli aspetti siano concretamente realizzabili, tuttavia c’è una sostanziale differenza. Il trauma è conseguenza diretta ed immediata del disagio, mentre  è causa indiretta e non immediata del cambiamento. In altre parole, il trauma  è immediato perché i suoi effetti sono subito visibili, mentre il cambiamento richiede più tempo e la sua portata positiva non è immediatamente fruibile. Questo fa sì che uno sguardo superficiale presti attenzione solo al trauma ed ai suoi effetti, senza considerare il rinnovamento positivo che questo potrebbe innescare.

Oggi, nonostante gli innumerevoli disagi che viviamo, nonostante le difficoltà di natura sociale e politica, siamo fiduciosi che il cambiamento verso il quale tutti miriamo sia positivo e raggiungibile.

Collègati alla Legalità

A cura di S. Costanza

“La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti, specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”
Ha avuto inizio così, con questa celebre frase del giudice Paolo Borsellino, la conferenza organizzata dal gruppo F.U.C.I. di Urbino “Pier Giorgio Frassati” dal titolo “Collègati alla Legalità”, e svoltasi ad Urbino giorno 23 Aprile 2013, nell’aula magna della facoltà di Economia, presso Palazzo Battiferri.
Ospiti relatori sono stati Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito e presidente della Fondazione Istituto di promozione umana "Mons. Francesco Di Vincenzo” per il recupero di detenuti ed ex detenuti, Renato Cortese, capo della squadra mobile di Roma e Flavia Modica, ex membro della Presidenza nazionale F.U.C.I. in veste di condirettore, e moderatore della suddetta conferenza.
A seguito della proiezione di un video di interviste, realizzato per le strade di Urbino, dal titolo “Che cos’è la mafia?”, prende la parola Flavia Modica, la quale sottopone all’attenzione di tutti una breve riflessione sul concetto di Legalità, il cui significato porta in sé le nozioni di rispetto e condivisione etica e morale della legge, e il cui contrario non è mafia, ma di mafiosità, ossia quell’insieme di comportamenti che legittimano la mafia. La moderatrice, poi, invita i relatori ad esprimersi a riguardo.

Salvatore Martinez si esprime così: “Non si può parlare di legalità senza collegarla a due parole: diritto e giustizia. […]Sturzo, martire della giustizia, costretto a 24 anni di esilio dal regime fascista, per esempio, spiega in modo chiarissimo che non c’è soltanto una giustizia civile, una giustizia penale, ma c’è una giustizia sociale; ed è esigenza di carità, cioè amore per il prossimo, completare l’insufficienza giuridica di tutti i sistemi, di tutte le istituzioni, di tutte le organizzazioni sociali, civili e politiche. Questo lo ha intuito perfettamente anche Benedetto XVI quando nella sua prima enciclica dice che neanche l’ordinamento statale più giusto, cioè quello che potremmo ritenere più adeguato, più capace di legalità, più capace di rispettare i diritti, potrà mai fare a meno dell’amore e dell’amore per il prossimo. Sturzo diceva che il vero vincolo sociale è l’amore per il prossimo, e se voi entrate dentro le dinamiche che sostengono il fenomeno mafioso, scoprirete che questa dinamica perversa, capovolta, è fortissima: il concetto di famiglia inteso come vincolo, e vincolo affettivo, e vincolo sociale, e vincolo spirituale, e vincolo religioso, è straordinariamente forte. […]Sturzo diceva che, perché si possa parlare di giustizia, perché si possano garantire quelle relazioni vitali che abbiano come vincolo sociale l’amore per il prossimo e perché si possa parlare di un vero umanesimo, cioè di una vera promozione umana, bisogna provare a far dialogare, quelle che io chiamo le quattro invariabili sociali, quattro istituzioni, quattro fondazioni sociali, entro le quali l’uomo esplicita la propria personalità e, in fondo, il proprio destino. Innanzitutto la famiglia: è il luogo fondale non solo della vita ma delle prime relazioni di prossimità. E  poi, perché un uomo cresca e si evolva, è necessaria la cultura; la mafia si annida fortissimamente laddove ci sono deficit culturali: è la più grande forza della mafia il deficit culturale, ma era per Sturzo la più alta forma di elevazione e di progresso. La cultura passa evidentemente da tutte le formazioni educative, ma certamente anche da quel patrimonio di carità e di giustizia sociale straordinario che viene dalla Chiesa, che viene dalla fede cristiana e che diventa un collante fortissimo, soprattutto pensate alle grandi organizzazioni di volontariato, movimenti, comunità che possono spendere risorse straordinarie: è quella cosiddetta economia della gratuità, soprattutto nei tempi di crisi come i nostri che tiene in piedi lo stato sociale. E poi il lavoro: un uomo si realizza, produce ricchezze materiali e spirituali sempre in relazione con gli altri attraverso il lavoro. […]”

Prende, subito dopo, la parola Renato Cortese, che porta la sua esperienza personale:  “[…] Come sapete, io sono uno “sbirro” per cui la mia attività principale è quella di arricchire le carceri. Mi fa piacere essere qua, tra giovani e portare la mia esperienza di appartenente alle forze dell’ordine che negli ultimi anni si è confrontato con realtà criminali molto brutte in Sicilia, prima, e in Calabria, dopo, ed è in questa mia esperienza in questa regioni che ho potuto constatare con mano come siamo davanti a delle organizzazioni criminali molto forti e agguerrite. E la domanda poi da porsi è “Perché siamo arrivati fino a questo punto di aggressività da parte di queste organizzazioni?”. […] Probabilmente (queste) vanno ad inserirsi in un tessuto sociale che per anni ha trovato terreno fertile per alimentarsi, quel famoso tessuto grigio. Dove c’è carenza di Stato è là che attecchisce l’organizzazione criminale: questa è una grande verità. […] Non è appunto sufficiente un’azione di repressione, ma c’è bisogno di uno Stato che sappia ridare fiducia, uno Stato credibile, in cui il cittadino possa identificarsi.”

Al termine Flavia Modica ringrazia i relatori e conclude: “Penso che sia emerso, così come hanno voluto i ragazzi del gruppo richiamando il discorso di Paolo Borsellino, come la lotta alla mafia debba essere appunto una lotta a 360°, che va condotta da diverse prospettive, tramite la repressione dello Stato, ma anche tramite un movimento che sia appunto culturale, morale e religioso.
Volevo richiamare soltanto due parole del Dott. Gratteri; in un suo libro lui scrive: “La lotta alla mafia deve poter andare molto oltre il desiderio e le speranze. Non mi sfugge la bellezza del sogno; è però necessario creare le condizioni perché i sogni possano realizzarsi.” E penso sia la sfida che anche oggi i nostri relatori hanno voluto lanciarci, quella di riuscire a creare noi le condizioni, oggi, ma anche domani nelle professioni che ciascuno di noi sarà chiamato a fare.”

Scrollare la ruggine...

A cura di M. Cencio
Salvador Dalì - La persistenza della memoria (particolare)
Spesso ci ritroviamo a sentenziare «purtroppo sono fatto così»; «tanto la gente non cambia e – quasi per confermare questo maledetto destino – non cambierà mai!»; oppure il classico «gli uomini (o le donne) sono tutti uguali!». Certamente sarà frutto di qualche delusione, di qualche sforzo ridotto all’inutilità, o di qualche “buona azione” non andata a buon fine. Ma è pur vero che nella macchina uomo, così come in un motorino, le miscele che hanno il nome di “uguale”, “fermo”, “statico” e “immobile”, dopo un po’ o l’arrugginiscono o la ingolfano. Non mi riferisco al livello fisico/corporeo che, per quanto la Scienza oggigiorno si impegni a rendere sempre più immortale, prima o poi si sgretola, ma piuttosto ad una dimensione più profonda. Il problema è la ruggine della nostra testa e del nostro spirito. Comprendendo che l’uomo è nel cambiamento continuo, cioè che la sua maturazione avviene proprio nel momento in cui si decide di schiodarsi dall’atrofia tradizionalista e si comincia ad entrare nel processo mutevole che è la vita, allora si intuisce facilmente che è necessario che testa e spirito siano continuamente lubrificati. Si cambia continuamente posizione, umore, e, a pensarci bene, persino il cielo non è mai lo stesso! Chi cerca un uomo che non abbia in sé la contraddizione potrà cercarlo per tutta la vita, trovando forse solo una statua di Michelangelo a soddisfarlo. La contraddizione è nell’uomo. Per fortuna non penso più come quando avevo dieci anni e, grazie al cielo, mi son corretto parecchie volte mandando così in barba quel poco nobile principio del “ho ragione io”. Forse, allora, posti dinanzi alla contraddizione, più che fuggirla, bisognerà guardarla con gli occhi brillanti di quel nobile principio chiamato “autoironia”. Colui che sa di essere limitato e non teme di mostrare anche i suoi errori è sicuramente più libero di chi cerca in tutti i modi di contraffare quello che è, cioè semplicemente e molto realisticamente un uomo mutevole e contradditorio. Non è che “sono fatto così”, semmai sono anchilosato dal fatto che mi credo così. Nella sua meravigliosa “Ode alla vita”, Pablo Neruda ci indica di quale ruggine scrollarci: «Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce […] Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno.»

giovedì 23 maggio 2013

Sentimental-E-Mente. Ragione e Fede, Mente e Cuore: quale relazione?

Michelangelo Merisi (Caravaggio) - L'incredulità di San Tommaso

Tra mente e cuore, tra ragione e fede c'è una relazione? E se si, di che relazione si tratta, che tipo di relazione è? Sono due realtà che possono o devono comunicare? Perchè è così importante conoscerne la natura e il legame? A rispondere a questi interrogativi sarà una coppia di psicologi, la dott.ssa Angela Pellegrino e il dott. Francesco Raone i qualli ci aiuteranno ad entrare meglio nel tema GIOVEDI' 23 maggio 2013 alle ore 20.45 presso l'Aula Studio "La Piazzetta" (vicino al convento di S. Francesco) in occasione dell'ultimo incontro (dell'anno federativo) del quarto giovedì, organizzato dall'Equipe politico-sociale del Gruppo FUCI Urbino "Pier Giorgio Frassati". Siamo tutti calorosamente invitati ad invitare i nostri amici e conoscenti a questo incontro che si preannuncia davvero bello e interessante..

lunedì 6 maggio 2013

TESI CONGRESSUALI




Carissimi visitatori del blog, vi riportiamo il link nel quale potrete trovare le tesi congressuali approvate nell'Assemblea federale svoltasi durante il 62° Congresso Nazionale della F.U.C.I.

Tesi congressuali









lunedì 22 aprile 2013



COMUNICATO STAMPA

Tavola Rotonda “COLLÈGATI ALLA LEGALITÀ”

Il gruppo F.U.C.I. di Urbino organizza, in collaborazione con l’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” e l’Arcidiocesi di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado, la conferenza pubblica dal titolo “Collègati alla legalità”. L’appuntamento è per il 23 aprile 2013 presso l’Aula Magna della Facoltà di Economia “Palazzo Battiferri”, in via Saffi 42 – Urbino. L’evento prevede una tavola rotonda con due ospiti di alto calibro: Renato Cortese, Capo della Squadra Mobile di Roma e Salvatore Martinez, Presidente del “Rinnovamento nello Spirito Santo” e Presidente della Fondazione “Istituto di Promozione Umana Mons. Francesco Di Vincenzo”, che si occupa del recupero di detenuti e ex detenuti vittime della mafia. Modererà gli interventi Flavia Modica, già membro della Presidenza Nazionale della F.U.C.I. fino al 2012 in qualità di condirettrice della rivista “Ricerca”. L’obiettivo dell’iniziativa sarà quello di focalizzare l’attenzione sulla tematica dell’illegalità favorita dal pensiero mafioso e quale ne sia l’influenza nella progettazione di un futuro migliore per noi giovani cittadini. Questa tematica purtroppo ancora attuale crediamo debba vedere noi universitari sempre schierati in prima linea. Proprio per questo la tavola rotonda è stata pensata non solo per prendere consapevolezza di tale condizione sociale da un punto di vista analitico, ma anche per mostrare che esistono delle realtà in grado di dare nuova dignità ed una rinnovata prospettiva di vita a coloro che un tempo erano schierati contro la società ed il suo civile sviluppo. Come intervenire in maniera concreta negli ambienti in cui viviamo? Siamo pronti a fare una scelta per contrastare il diffuso e subdolo sistema del pensiero mafioso? Urbino, 19 aprile 2013
Gruppo F.U.C.I. Urbino “Pier Giorgio Frassati”

sabato 23 marzo 2013

Ora più che mai… Successore di Pietro


A cura di A. Colucci

Non ho più le forze, lo faccio per il bene della Chiesa. Vivrò una vita di preghiera”.
Sono queste le parole pronunciate da Benedetto XVI come motivo della sua abdicazione.
Ci si trova di fronte ad una situazione che il mondo Cristiano, laico e religioso, non pensava di vivere in un tempo già segnato da profonde difficoltà.
Sono stati sette i papi che, per diversi motivi, hanno rinunciato al ministero petrino.
L’ultima rinuncia, quella di Gregorio XII, risale a più di cinquecento anni fa, periodo dello scisma d’Occidente. In questa occasione, e per queste eventualità, ad opera del successore Martino V, fu coniato il titolo di “Pontefice emerito”, titolo oggi attribuito anche a Papa Benedetto.
La decisione attuale, pur avendo suscitato scalpore tra fedeli e non, fa emergere, al di là dell’atto stesso, un atteggiamento di grande coraggio e di profonda umiltà.
Il “passare le redini” ad un altro uomo è segno evidente di modernità, e mostra che Benedetto XVI non aveva a cuore il potere che esercitava, ma la Chiesa tutta, e che il titolo di cui era investito, quello di vicario di Cristo in terra, era vissuto principalmente come  un servizio.
Fin dalla sua elezione, il pontefice emerito Benedetto XVI era stato etichettato come “un uomo dotato di grande testa e di pochi gesti”.
Eppure quest’ultimi, fondati sulla teologia ed espressi grazie ad una profonda conoscenza di essa divenuta ormai dottrina di vita, si sono rivelati i più significativi del suo pontificato.
Cosi, infatti, testimoniano le parole scritte da Enzo Bianchi per spiegare tutto questo:
“Si diceva che questo Papa ha grandi parole ed è incapace di gesti: il più bel gesto ce lo lascia ora, come Pietro che, ormai anziano, dice il Nuovo Testamento, se ne andò verso un altro luogo continuando però a seguire il Signore. Benedetto XVI appare successore di Pietro più che mai, anche nel suo esodo.”
Al di là di ogni ipotesi circa i motivi della sua rinuncia, siano essi nei problemi che il Vaticano ha vissuto fino allo scorso 2012, o  nel suo corpo affaticato e anziano, o in una congiuntura poco fortunata delle due cose, a noi fedeli, e all’umanità tutta, non resta che pregare per lui e stringerlo  in un grande abbraccio dei cuori, per rendere grazie del grande cuore messo a nostro servizio, e per essere vicini nell’opera che ora più che mai, ritirandosi in preghiera egli farà per noi. Senza dubbio viviamo un periodo di Grazia profonda per tutti e più che mai per il prossimo successore.

UOMO: Fine o mezzo della Democrazia?

A cura di E. Torelli; S. Costanza; C. Mascio; M. Castria; L. Gueli



Sul piano etimologico, nella sua accezione più diffusa e semplice, "democrazia" significa "potere del popolo". Ma, alla luce dello scenario politico attuale, il popolo esercita davvero questo potere? O meglio, è pienamente consapevole di poter esercitare un potere il cui vero fine è quello di garantire il bene del popolo stesso?
La domanda può apparire semplicemente retorica, di quasi scontata risposta, ma, in realtà, racchiude in sé il vero nucleo problematico del quadro all’interno del quale è inserita la democrazia. L’elemento portante della stessa è appunto il popolo, nella sua pluralità e varietà, cioè in quanto composto di singoli individui che sono legati tra loro e alla loro terra da un sentimento di appartenenza che li rende cittadini. Essi organizzano la loro vita sociale ispirandosi ad un patrimonio di valori, quali il senso di libertà, di giustizia, di solidarietà, di equità, di relazione, di fiducia e di lealtà tra i cittadini.
Una società democratica non può dunque non essere arricchita dal pluralismo delle posizioni, a condizione che sappia praticare la cooperazione nelle decisioni comuni al fine di garantire il bene di tutti i cittadini.
Ma oggi è effettivamente così? Si può rilevare che la qualità del rapporto tra società politica e società civile ha subito una crisi profonda tanto da insidiare la visione stessa della democrazia. Infatti, prevale sempre più una società disorientata, frammentata, individualista, protesa al raggiungimento del proprio tornaconto immediato, spesso indifferente al bene comune, attraversata da una dilagante illegalità, manipolata dai mass media e gravemente preoccupata del futuro. All’interno di questo contesto emergono dal comune sentire frasi del tipo "Cosa conta il mio voto? Io non posso fare niente; Cosa posso fare da solo? Tanto non cambia mai nulla!". Esse rivelano come l'indifferenza, il disinteresse verso il bene comune e il senso di sfiducia, risultati non solo di vicende eminentemente politiche ma anche del non senso e dello stato di isolamento in cui versa gran parte del mondo giovanile, albergano nel cuore dell'uomo d'oggi. Ma da dove deriva tale sfiducia? Essa è frutto di un vuoto, di un’assenza, di una mancanza. La mancanza di un vero dialogo, un dialogo alla pari, che metta in risalto l’inconsapevolezza dell’uomo d’oggi di essere egli stesso un potere, ovvero di essere una potenzialità per sé e per gli altri; potenzialità che, se non espressa, porta l’uomo a non conoscersi e a non farsi conoscere e, dunque, a non entrare in comunicazione. Ma non essere in comunicazione equivale a non essere in relazione. Ecco il punto! Alla base della crisi della democrazia c’è la crisi della relazionalità umana. Relazionarsi equivale a donarsi, regalarsi, dare quello che si è all’altro. Il fine del dono è il bene dell’altro.
Esiste ancora oggi una logica del dono? Ovvero, l’agire umano è oggi davvero finalizzato esclusivamente alla felicità dell’altro, oppure l’interesse individuale prevale sul bene comune? Dunque, l’uomo è il fine o il mezzo della democrazia?
In verità non può essere fine se non è mezzo. È solo nel momento in cui l’uomo si concepisce come dono che si fa strumento per l’altro; donandosi, dunque, diventa mezzo e, nello stesso tempo, realizza quella che è la felicità dell’altro, ovvero il suo primo fine: il bene dell’altro che, allargato alla pluralità, prende il nome di bene comune. E la democrazia cos’è se non il raggiungimento del bene comune?

giovedì 21 marzo 2013

ANNUNTIO VOBIS GAUDIUM MAGNUM...

...Habemus Giornalinum...




Con questo informiamo a tutti i visitatori del blog, che questa sera in occasione del Cineforum, nonchè terzo appuntamento degli incontri fucini, ci sarà la prima uscita del giornalino del gruppo F.U.C.I Pier Giorgio Frassati di Urbino dal nome "CollegaMenti".

Questo blog verrà utilizzato per pubblicare i vari articoli presenti nel giornale, dando la possibilità, a quanti lo vogliono, di commentarli esprimendo semplicemente opinioni a riguardo.
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