A cura di S. Costanza
“La
lotta alla mafia, il primo
problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva
essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale
e morale che coinvolgesse tutti, specialmente le giovani generazioni, le più
adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa
rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità
e quindi della complicità.”
Ha avuto inizio così, con questa celebre frase del giudice Paolo
Borsellino, la conferenza organizzata dal gruppo F.U.C.I. di Urbino “Pier
Giorgio Frassati” dal titolo “Collègati
alla Legalità”, e svoltasi ad Urbino giorno 23 Aprile 2013, nell’aula magna
della facoltà di Economia, presso Palazzo Battiferri.
Ospiti relatori sono stati Salvatore Martinez, presidente del
Rinnovamento nello Spirito e presidente della Fondazione Istituto di promozione
umana "Mons. Francesco Di Vincenzo” per il recupero di detenuti ed ex detenuti, Renato Cortese, capo della squadra mobile di
Roma e Flavia Modica, ex membro della Presidenza nazionale F.U.C.I. in veste di
condirettore, e moderatore della suddetta conferenza.
A seguito della proiezione di un video di interviste, realizzato
per le strade di Urbino, dal titolo “Che cos’è la mafia?”, prende la parola
Flavia Modica, la quale sottopone all’attenzione di tutti una breve riflessione
sul concetto di Legalità, il cui significato porta in sé le nozioni di rispetto
e condivisione etica e morale della legge, e il cui contrario non è mafia, ma
di mafiosità, ossia quell’insieme di comportamenti che legittimano la mafia. La
moderatrice, poi, invita i relatori ad esprimersi a riguardo.
Salvatore Martinez si esprime così: “Non si può parlare di legalità senza collegarla a due parole: diritto
e giustizia. […]Sturzo, martire della giustizia, costretto a 24 anni di esilio
dal regime fascista, per esempio, spiega in modo chiarissimo che non c’è
soltanto una giustizia civile, una giustizia penale, ma c’è una giustizia
sociale; ed è esigenza di carità, cioè amore per il prossimo, completare
l’insufficienza giuridica di tutti i sistemi, di tutte le istituzioni, di tutte
le organizzazioni sociali, civili e politiche. Questo lo ha intuito
perfettamente anche Benedetto XVI quando nella sua prima enciclica dice che
neanche l’ordinamento statale più giusto, cioè quello che potremmo ritenere più
adeguato, più capace di legalità, più capace di rispettare i diritti, potrà mai
fare a meno dell’amore e dell’amore per il prossimo. Sturzo diceva che il vero
vincolo sociale è l’amore per il prossimo, e se voi entrate dentro le dinamiche
che sostengono il fenomeno mafioso, scoprirete che questa dinamica perversa,
capovolta, è fortissima: il concetto di famiglia inteso come vincolo, e vincolo
affettivo, e vincolo sociale, e vincolo spirituale, e vincolo religioso, è
straordinariamente forte. […]Sturzo diceva che, perché si possa parlare di
giustizia, perché si possano garantire quelle relazioni vitali che abbiano come
vincolo sociale l’amore per il prossimo e perché si possa parlare di un vero
umanesimo, cioè di una vera promozione umana, bisogna provare a far dialogare,
quelle che io chiamo le quattro invariabili sociali, quattro istituzioni,
quattro fondazioni sociali, entro le quali l’uomo esplicita la propria
personalità e, in fondo, il proprio destino. Innanzitutto la famiglia: è il
luogo fondale non solo della vita ma delle prime relazioni di prossimità.
E poi, perché un uomo cresca e si evolva,
è necessaria la cultura; la mafia si annida fortissimamente laddove ci sono deficit
culturali: è la più grande forza della mafia il deficit culturale, ma era per
Sturzo la più alta forma di elevazione e di progresso. La cultura passa
evidentemente da tutte le formazioni educative, ma certamente anche da quel
patrimonio di carità e di giustizia sociale straordinario che viene dalla
Chiesa, che viene dalla fede cristiana e che diventa un collante fortissimo,
soprattutto pensate alle grandi organizzazioni di volontariato, movimenti,
comunità che possono spendere risorse straordinarie: è quella cosiddetta
economia della gratuità, soprattutto nei tempi di crisi come i nostri che tiene
in piedi lo stato sociale. E poi il lavoro: un uomo si realizza, produce
ricchezze materiali e spirituali sempre in relazione con gli altri attraverso
il lavoro. […]”
Prende, subito dopo, la parola Renato Cortese, che porta la sua
esperienza personale: “[…] Come sapete, io sono uno “sbirro” per
cui la mia attività principale è quella di arricchire le carceri. Mi fa piacere
essere qua, tra giovani e portare la mia esperienza di appartenente alle forze
dell’ordine che negli ultimi anni si è confrontato con realtà criminali molto
brutte in Sicilia, prima, e in Calabria, dopo, ed è in questa mia esperienza in
questa regioni che ho potuto constatare con mano come siamo davanti a delle
organizzazioni criminali molto forti e agguerrite. E la domanda poi da porsi è
“Perché siamo arrivati fino a questo punto di aggressività da parte di queste
organizzazioni?”. […] Probabilmente (queste) vanno ad inserirsi in un tessuto
sociale che per anni ha trovato terreno fertile per alimentarsi, quel famoso
tessuto grigio. Dove c’è carenza di Stato è là che attecchisce l’organizzazione
criminale: questa è una grande verità. […] Non è appunto sufficiente un’azione
di repressione, ma c’è bisogno di uno Stato che sappia ridare fiducia, uno
Stato credibile, in cui il cittadino possa identificarsi.”
Al termine Flavia Modica ringrazia i relatori e conclude: “Penso che sia emerso, così come hanno
voluto i ragazzi del gruppo richiamando il discorso di Paolo Borsellino, come
la lotta alla mafia debba essere appunto una lotta a 360°, che va condotta da
diverse prospettive, tramite la repressione dello Stato, ma anche tramite un
movimento che sia appunto culturale, morale e religioso.
Volevo richiamare
soltanto due parole del Dott. Gratteri; in un suo libro lui scrive: “La lotta
alla mafia deve poter andare molto oltre il desiderio e le speranze. Non mi
sfugge la bellezza del sogno; è però necessario creare le condizioni perché i
sogni possano realizzarsi.” E penso sia la sfida che anche oggi i nostri
relatori hanno voluto lanciarci, quella di riuscire a creare noi le condizioni,
oggi, ma anche domani nelle professioni che ciascuno di noi sarà chiamato a
fare.”