A cura di R. Di Nuzzo e A. Seminara
La domenica mattina
dell’italiano medio è quasi sempre uguale, che l’italiano sia di Bergamo o di
Marsala. Ma, sia per l’italiano di Bergamo che per quello di Marsala, il 28
aprile è stata una domenica storta. Entrambi hanno assistito alla doppia faccia
che oggi il nostro Paese mostra in giacca e cravatta: da un lato quella ufficiale
del Governo che giura a Palazzo Chigi, dall’altra quella meno ufficiale di
Luigi Preiti che spara alle 11,30
in piazza Colonna, proprio davanti a Palazzo Chigi.
Secondo quanto scritto dai
giornali, Luigi Preiti, nato a Rosarno (RC), ha trascorso parte della sua vita
in Piemonte, ad Alessandria. È stato sposato e ha un figlio di dieci anni. Da
due anni, in seguito al divorzio, si è ritrasferito in Calabria dove vive con i
genitori, e da poco ha perso il lavoro. Tutto ciò ha certamente contribuito a
spingerlo a commettere il suo gesto sconsiderato: esplodere sei colpi di pistola contro il
cordone formato dalle forze dell’ordine in servizio in piazza Colonna in
occasione del giuramento del nuovo Governo. Due carabinieri sono rimasti
feriti, di cui uno gravemente.
Nonostante la sua difficile
situazione, il suo gesto è sicuramente da condannare. Tuttavia, questo stesso
gesto può essere considerato l’esplosione violenta, e quindi deprecabile, di un
disagio sempre più diffuso. Il disagio, per sua natura, porta inevitabilmente a
un punto di rottura, un trauma , il quale può rendersi manifesto in differenti
e talvolta soggettivi atti di più o meno ampia risonanza: nel caso di Preiti si
è concretizzato nello sparare contro le forze dell’ordine in piazza Colonna, in
altri, come quelli di molti imprenditori, è stato, invece, togliersi la vita.
Riflettendo sul concetto di disagio, è ora possibile comprenderne
una duplice natura; se da un lato, infatti, ha una connotazione negativa , dall’altro
invece, potrebbe averne una positiva.
Se, negativamente, il disagio porta ad
un trauma, dall’altra, positivamente, potrebbe essere fonte di un profondo
rinnovamento.
Ci sembra evidente che
entrambi gli aspetti siano concretamente realizzabili, tuttavia c’è una
sostanziale differenza. Il trauma è conseguenza diretta ed immediata del
disagio, mentre è causa indiretta e non
immediata del cambiamento. In altre parole, il trauma è immediato perché i suoi effetti sono subito
visibili, mentre il cambiamento richiede più tempo e la sua portata positiva
non è immediatamente fruibile. Questo fa sì che uno sguardo superficiale presti
attenzione solo al trauma ed ai suoi effetti, senza considerare il rinnovamento
positivo che questo potrebbe innescare.
Oggi, nonostante gli
innumerevoli disagi che viviamo, nonostante le difficoltà di natura sociale e
politica, siamo fiduciosi che il cambiamento verso il quale tutti miriamo sia
positivo e raggiungibile.
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