venerdì 31 maggio 2013

Scrollare la ruggine...

A cura di M. Cencio
Salvador Dalì - La persistenza della memoria (particolare)
Spesso ci ritroviamo a sentenziare «purtroppo sono fatto così»; «tanto la gente non cambia e – quasi per confermare questo maledetto destino – non cambierà mai!»; oppure il classico «gli uomini (o le donne) sono tutti uguali!». Certamente sarà frutto di qualche delusione, di qualche sforzo ridotto all’inutilità, o di qualche “buona azione” non andata a buon fine. Ma è pur vero che nella macchina uomo, così come in un motorino, le miscele che hanno il nome di “uguale”, “fermo”, “statico” e “immobile”, dopo un po’ o l’arrugginiscono o la ingolfano. Non mi riferisco al livello fisico/corporeo che, per quanto la Scienza oggigiorno si impegni a rendere sempre più immortale, prima o poi si sgretola, ma piuttosto ad una dimensione più profonda. Il problema è la ruggine della nostra testa e del nostro spirito. Comprendendo che l’uomo è nel cambiamento continuo, cioè che la sua maturazione avviene proprio nel momento in cui si decide di schiodarsi dall’atrofia tradizionalista e si comincia ad entrare nel processo mutevole che è la vita, allora si intuisce facilmente che è necessario che testa e spirito siano continuamente lubrificati. Si cambia continuamente posizione, umore, e, a pensarci bene, persino il cielo non è mai lo stesso! Chi cerca un uomo che non abbia in sé la contraddizione potrà cercarlo per tutta la vita, trovando forse solo una statua di Michelangelo a soddisfarlo. La contraddizione è nell’uomo. Per fortuna non penso più come quando avevo dieci anni e, grazie al cielo, mi son corretto parecchie volte mandando così in barba quel poco nobile principio del “ho ragione io”. Forse, allora, posti dinanzi alla contraddizione, più che fuggirla, bisognerà guardarla con gli occhi brillanti di quel nobile principio chiamato “autoironia”. Colui che sa di essere limitato e non teme di mostrare anche i suoi errori è sicuramente più libero di chi cerca in tutti i modi di contraffare quello che è, cioè semplicemente e molto realisticamente un uomo mutevole e contradditorio. Non è che “sono fatto così”, semmai sono anchilosato dal fatto che mi credo così. Nella sua meravigliosa “Ode alla vita”, Pablo Neruda ci indica di quale ruggine scrollarci: «Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce […] Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno.»

Nessun commento:

Posta un commento