partecipanti al cineforum al Cinema Ducale di Urbino |
La sera di
mercoledì 20 novembre al cinema Ducale di Urbino più di 350 studenti
universitari hanno avuto modo di confrontarsi su argomenti molto importanti e
attuali. L’evento, organizzato dal gruppo F.U.C.I. di Urbino, che prevedeva la
proiezione del film “Il figlio dell’altra” (regia di Lorraine Lévy), seguita
dal dibattito e da un buffet finale, si inseriva nell’ambito dell’iniziativa,
ormai giunta alla VI edizione, della “Settimana dell’Università”. La tematica di
quest’anno “Internazionalizzazione degli
studi, universalità del sapere” è riuscita a declinarsi in uno spazio
ancora più ampio del terreno universitario, poiché si sono toccati argomenti
quali l’identità, la cultura, la tradizione, la crescita umana e l’importanza
della relazione. Un terreno, quello dell’università, molto fertile, che, se ben
dissodato, può far nascere frutti di speranza per una società futura, e la
serata è stata sicuramente una prova di come ci sia voglia di parlare di
argomenti alti e importanti, argomenti che toccano la profondità dell’Uomo. Nel film in questione, che si svolge in un luogo simbolo
dell’incontro/scontro tra culture come la Palestina, si racconta la storia di
due ragazzi Joseph e Yacine che scoprono che quando sono stati partoriti, per errore
sono stati scambiati alle loro rispettive madri.
La complessità della
situazione viene aggravata dal fatto che Joseph, di madre palestinese è cresciuto
a Tel Aviv in una famiglia ebrea; mentre Yacine, ebreo per nascita cresce in
una famiglia palestinese. Si immagini lo scompiglio che tale rivelazione getta
tra le due famiglie. Ma questo tragico errore in realtà manderà in tilt tutti
quei vani ragionamenti e pregiudizi che non fanno altro che allontanare dalla umanità
e dividere in “razze”, dimenticando che di razza c’è solo quella umana. Un
film, quindi, che diventa una denuncia silenziosa alla idiozia dell’uomo che
incaponendosi e radicalizzandosi, si trasforma in ideologia nel momento in cui
si costruisce le proprie ragioni. Ma, in realtà, la regista riesce a
raccontarci tutto ciò con molto rispetto. Nessuno dei due popoli viene
demonizzato; rimane invece una delicatezza che non lascia prendere le parti di
una fazione piuttosto che di un’altra. È un insegnamento molto grande questo,
perché sembra voler indicare la strada per una vera pace, che non è assenza di
guerra, ma incontro verso l’altro (quello considerato diverso e nemico), per
capire che in fin dei conti è semplicemente un uomo che ha, come ogni altro
uomo, le proprie ragioni. Bisogna andare oltre le ideologie perché esse quasi
sicuramente hanno spianato la strada e lo faranno ancora, a numerose guerre. Esiste
l’ingiustizia, esistono situazioni incastrate, difficilissime da sbrogliare,
perciò è necessario un capovolgimento di mentalità: una rivoluzione. Ma quale
tipo di rivoluzione? Un’altra guerra? Nel film forse la lotta più turbolenta
viene vissuta dai padri dei due ragazzi, perché incarnano l’ideologia dei
rispettivi popoli. All’inizio non riescono proprio a parlarsi, quando ci
provano si “vomitano” addosso i propri rancori, che in realtà sono rancori
storici che hanno ereditato. Solamente quando superano il proprio orgoglio di
razza, di popolo, e rivoluzionano il proprio sistema di pensiero, vincono la
vera guerra, quella che ti porta interiormente a guardare l’altro come nemico.
La vera rivoluzione si attua nel proprio cuore ed è quella che porterà
all’avvicinamento verso l’altro. Rivoluzione dell’essere, del cuore e della
mente.
scena del film "Il figlio dell'altra" |
Questo concetto, dunque, vale
anche per i saperi e le conoscenze: l’incontro tra culture, se affrontato con
umiltà, genera necessariamente una ricchezza, quella peculiare e preziosa che
solo da questo scambio può scaturire. Finché non si capirà che l’una ha bisogno
dell’altra per arrivare alla completezza non si riuscirà mai ad arrivare ad una
nuova cultura che abbia alla base il rispetto per ciò che è diverso. E questo
sistema culturale deve partire innanzitutto dai luoghi dell’educazione: scuole
e università in primis. Da non confonder tutto ciò con l’omologazione e il
sincretismo! Per poter arrivare a dialogare in maniera matura, è necessario
prima capire chi si è, qual è la propria identità, la propria storia passata, i
propri ideali, i propri sogni: l’aver piena coscienza di sé produce la libertà
giusta per affrontare la diversità dell’altro.
La F.U.C.I. di Urbino ha voluto
lanciare una sfida che evidentemente è stata accolta con molto entusiasmo dai
partecipanti, una sfida che parte dal non volersi rassegnare alla palude della
disperazione che appiattisce e intristisce le coscienze ormai assuefatte da
questa crisi molto spesso anche troppo ingigantita. È necessario, oggi, trovare
una strada per poter ripartire e poter dare speranze nuove ad una società
abbastanza infiacchita. L’università, è uno spazio e un tempo privilegiato che
non può ridursi ad una semplice frequentazione di lezioni, superamento di esami
e acquisizione di crediti. L’ambiente universitario può ritornare ad essere
luogo di fermento intellettuale, di crescita, accoglienza e maturazione umana proprio
perché è nella sua naturale vocazione l’incontro di culture diverse,
l’intreccio di relazioni che possono diventare significativi, la spinta ad un
“di più” nella ricerca, nello studio, nei saperi. Allora anche le discipline
che studiamo hanno bisogno di dialogare tra loro per superare queste ormai
stagionate diffidenze che si impongono tra saperi scientifici e umanistici.
L’università può, e deve, promuovere questo, per condurre ad una “Universalità
del Sapere”: è necessario quindi che essa educhi ad uscire fuori dai propri
preconcetti, che non fanno altro che alzare barriere e pregiudizi. La
parcellizzazione dei saperi, così come la parcellizzazione delle culture, hanno
molto in comune, però possono rivelarsi un’arma a doppio taglio. Specializzarsi
in un settore di ricerca è molto importante, così come il mantenere vive le
proprie tradizioni culturali e familiari, poiché sono proprio queste specifiche
che definiscono un’identità; ma bisogna fare attenzione a non perdere lo
sguardo ampio verso l’esterno, verso l’altro, rischiando di chiudersi nel
proprio settore. Andare avanti per la propria strada va bene, ma non si
dimentichi che il cammino è compiuto anche e soprattutto insieme ad altri.
Michele Cencio
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