In occasione della cerimonia di inaugurazione
dell'anno accademico 2013/2014, l'Università degli Studi di Urbino ha avuto l'onore
di avere come ospite la Presidente della Camera Laura Boldrini. Ad aprire la
cerimonia le parole del Rettore Stefano Pivato, seguite da quelle della
portavoce del consiglio studentesco Agnese Sabatino e della rappresentante del
personale tecnico-amministrativo Angela Angeli. Ognuno ha messo in evidenza la
situazione di difficoltà che l'università Italiana, e in particolare l'ateneo
di Urbino, stanno vivendo: l'università italiana è agli ultimi posti in Europa
per quanto riguarda la ricerca, il numero di iscritti, i finanziamenti
ricevuti, il numero di studenti in corso, i beneficiari del diritto allo
studio, e per quanto riguarda le tasse, esse registrano le cifre più alte. Questi
sono solo alcuni dei problemi che sono emersi. Sicuramente una realtà
angosciante e disarmante. Migliorano la situazione i dati su alcuni trend
urbinati, in controtendenza a quelli nazionali, come ad esempio l'apertura alla
domanda di conoscenza globale, l'aumento del numero delle immatricolazioni e la
diminuzione degli studenti fuori corso che sono passati dai 5000 del 2009 ai 2900
del 2013. Come è possibile che ci sia una politica così poco lungimirante nei
confronti di uno dei settori-pilastro dello stato? Come è possibile che
riusciamo a fare persino peggio di stati all'apparenza più arretrati di noi? É
veramente impossibile evitare questo stato di cose? Di chi è la responsabilità
di tutto questo? La cosa più semplice per alleviare lo sconforto è scagliarsi contro
un responsabile, contro un capro espiatorio: “sono i politici, sono i professori baroni”, ma è solo questo? La Presidente
Boldrini avrebbe potuto puntare il dito contro facili bersagli, attribuendo
loro tutte le colpe (in fondo lei è in Parlamento solo da pochi mesi), poteva
mettere sul piatto mille “ricette magiche”: ma non l'ha fatto! Si è sentita tra
le parti responsabili di questa situazione, affermando che una politica che non
investe sulla cultura non è lungimirante, poiché la scuola e la ricerca sono il
sangue della democrazia, la vera ricchezza di un paese. Ha continuato, poi,
facendosi donna, madre, cittadina. Parlando con il cuore ha raccontato di
sogni, di uomini, di passione e di perseveranza: “Questo mondo appartiene ai sognatori che, mossi dalla passione, negli
ostacoli trovano motivazioni e non alibi. Oggi, più di ieri, è necessaria una
classe di persone serie, desiderose di discernere e comprendere la realtà, che
fungano da bussola in questo mare magnum di superficialità che ci circonda.
Vivo con disagio la disinvoltura con cui alcuni parlamentari partecipano a
trasmissioni televisive in vesti di “tuttologi”, mentre gli altri esperti nelle
materie sulle quali sono chiamati a legiferare rimangono nell’ombra”. Queste
parole sembrano una melensa retorica, un ingenuo ottimismo, ma dirle non è mai
scontato, sono parole semplici, quasi banali, ma che non si perdono nel vento, piccoli
semi di speranza gettati nel cuore di tutti coloro che non hanno rinunciato a
costruire un mondo migliore partendo dalle piccole azioni quotidiane. Senza
scaricare le responsabilità su altri, ma cercando di crescere ogni giorno,
bisogna ripartire dalle domande che contano, quelle domande che ogni studente
dovrebbe porsi: “cosa significa vivere appieno l'università?” “È centro di
circolazione della cultura?” “È generatrice di talenti?” “Riesce a far scattare
la passione?” “Che utilità ha quello che si studia?” “C'è un metodo di
valutazione dell'insegnamento serio, oppure il percorso professionale è lasciato
alla fortuna di incontrare il buon docente?”
L'Italia non ha più bisogno di disfattismi, rivoluzioni
o colpi di scena, ma di persone che cercano di risolvere con perseveranza, costanza
e passione questi problemi, senza appiattirsi sul presente né rimandare sempre
al futuro.
Alberto Lazzari
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